Tuesday, July 26, 2005

Sguardi...

Una dei POCHI (soprattutto negli ultimi tempi) vantaggi della metro è che, lì sotto, se ne vedono proprio di tutti i colori (non solo in senso figuarto).

Un passatempo che trovo molto interessante, quando devo percorrere lunghi tragitti, è cercare una persona che paia sufficientemente stimolante e provare ad immaginare chi sia in realtà (soprattutto se ho dimanticato un libro da leggere, o in alternativa ad esso).

E' un esercizio che richiede una certa dose di attenzione ai particolari ed un po' di immaginazione ma vi assicuro che i risultati, a volte, sono davvero inaspettati.

Un esempio?

Ieri salgo al volo su un vagone semivuoto a Milano Lambrate, mi siedo, alzo gli occhi e vedo un ragazzo seduto di fronte a me, uno di quelli che, per un qualsiasi motivo (nel caso specifico una chitarra in una custodia nera), catturano l'attenzione.

Allora comincio ad osservare le mani. E' sempre la prima cosa che faccio. Le mani dicono sempre molto: lavoro, hobbies, passioni, stato civile... Non solo per il loro aspetto, ma anche per quello che, eventualmente, stanno afferrando, stringendo, per ciò che sono intente a fare.

Le mani del ragazzo di ieri tenevano una chitarra, in una custodia nera... Mani di un musicista...
Per l'ascendente che i musicisti esercitano sulla sottoscritta, questo non ha fatto altro che aumentare la mia curiosità. Da dove viene? Dove sta andando? Che cosa ha fatto prima di salire su quel vagone? Che cosa farà quando sarà sceso?

Cercando indizi per rispondere, passo a guardare scarpe e abbigliamento.
Direi nessuna audizione importante, considerando l'insieme.
Ma, ve l'ho detto, bisogna prestare attenzione ai particolari... Dunque, tipo casual, poco appariscente, ma non banale. Canoniche scarpe da ginnastica, sì, ma di un bel rosso acceso (ne indosso un paio anche io), colore amato da scrittori e cantautori. Jeans ancora più classici: blu, non larghi, non sdruciti, non slavati. Almeno di uno un po' fuori dal coro... E il pezzo forte era la maglietta, una polo, blu anche quella, con una scritta gialla, ma non vistosa, leggermente a sinistra, all'altezza del cuore: "Harvard University"... Sarà sua? O gliel'avranno regalata (io ne ho ricevuta una a Natale, da una raggazza americana che studia a Yale)... Perchè se è sua, se studia ad Harvard, a parte i meritati complimenti, che cosa ci fa un chitarrista americano a Milano? E che cosa studia olteoceano?

E dalla scritta sulla maglietta al viso il passo è breve... e quando incrocio due occhi scurissimi, incorniciati in un viso dai lineamenti forti, (forti, ma non duri), che mi stanno fissando penso: "Toh, mi sta osservando anche lui... Chissà che cosa pensa..." E allora, per non essere invadente, distoglo lo sguardo, per quanto? Cinque, sei secondi al massimo, anche se mi sembrano di più... E poi di nuovo, sguardi che si incrociano, e non so se essere più compiaciuta o imbarazzata... Per quante altre volte si ripete? Due o tre e poi...

Poi è meglio che sto attenta che è ora di scendere. Faccio un cenno alla mamma (meno male che c'era lei, non mi sarei mai addentrata nell'osservazione se fossi stata da sola, perchè non si sa mai...)...

"Peccato", penso mentre attraverso le porte scorrevoli. "Chissà come sarebbe andata se fossi rimasta fino al capolinea?"... E succede sempre così, si scoprono particolari affascinanti (o che ci sembrano tali?!), si comincia ad immaginare, a fantasicare, ad incrociare sguardi e poi è ora di scendere...

Ma il bello è anche questo: rimanere nell'incertzza, poter continuare ad immaginare e sapere che, probabilmente, non avrò mai l'occasione di essere smentita.

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