Tolleranza 2
"La politica multiculturale è oggi totalmente sorpassata nei Paesi Bassi. E’ stata una maniera pigra di pensare della società olandese. Possiamo dire che si trattava di una scatola vuota - afferma Jozias van Aartsen presiedente del Partito popolare per la libertà e la democrazia (Vvd, membro del governo)"
"Le persone si dovranno confrontare più di prima. Forse c’è stata troppa tolleranza, che forse non era vera tolleranza, ma una sorta di indifferenza. Non possiamo andare avanti con questa indifferenza. Si dovranno confrontare di più le persone, i modi di pensare. Solo così si potranno conoscere a vicenda"
[Job Cohen, sindaco laburista di Amsterdam]
"Multiculturalismo, addio. L’idea che fosse sufficiente concedere la libertà a tutte le etnie e a tutte le religioni, nel nome del relativismo culturale, affinché la libertà diventasse patrimonio comune, si è rivelata una mera chimera, l’inesorabile suicidio di una civiltà. Proprio l’Olanda, la patria delle libertà, il laboratorio più avanzato del multiculturalismo, è in profonda crisi. Tutti, a sinistra, al centro e a destra concordano che il multiculturalismo è una scatola vuota di valori, incapace di cementare una identità condivisa."
[Magdi Allam]
"La tolleranza riguarda quasi sempre comportamenti di gruppi o di individui, i quali pretendono di parlare a nome di un gruppo. Ecco, questo è proprio lo spartiacque tra i due concetti."
"Ecco, quindi c'è un problema di spartiacque tra il "tollerare" come "sopportare," il tollerare come "accettare" nel senso forte di questo termine."
"Questo è un altro spartiacque importante che è emerso soprattutto dopo la Seconda Guerra Mondiale, prima ancora che ci fosse il grande flusso immigratorio nel mondo occidentale industrializzato. E' nato proprio a proposito delle ideologie che escono sconfitte dalla Seconda Guerra Mondiale. C'è un celebre saggio di Marcuse, che si chiama La tolleranza repressiva, che dice: "Ma come è giusto, per esempio, tollerare fascisti, nazisti e cose di questo genere?". Certe forme di violenza non vanno tollerate, ma anzi vanno represse, però ci sono coloro che ritengono ci siano forme di violenza che invece vanno tollerate, anzi sostenute. Sono quelle progressive. E' il momento in cui, per esempio, i movimenti di liberazione o della classe operaia soprattutto, nella prima fase del Secondo Dopoguerra, o dei gruppi oppressi - neri, donne - pensano di poter ricorrere alla violenza, per far sentire la loro voce. Quindi, questa idea che la tolleranza sia soprattutto pacificazione e sia repressione di tutta la violenza, incomincia a creare delle difficoltà di applicazione."
"Il grosso problema, sul quale poi eventualmente posiamo tornare è se c'è un patto tra la società ospitante e coloro che sono ospitati. Se la società ospitante ha anche il diritto, l'opportunità, il potere di pretendere che coloro, che fanno parte dei gruppi ospitati, si comportino al loro interno in un certo modo."
[Carlo Augusto Viano, Prof. Storia della Filosofia, Facoltà di Lettere, Torino]
"L'Olanda sembrava progressiva, ma adesso che l'imperatore gira nudo per la città ci accorgiamo che per tutto il tempo è rimasta immobile. Non ha mai pensato a come impiegare il suo capitale giovane, a volte di opinione diversa; non ha mai pensato a come affrontare la presenza dell'islam in Olanda. Perché ci vuole tanto per arrivare alla creazione di un islam olandese? Perché da noi ogni cultura ha sempre avuto la sua autonomia riconosciuta dal sistema, ti rispondono gli olandesi, perché noi sosteniamo il principio della sovranità all'interno del proprio gruppo. Ma questo significa ragionare solo a partire dai propri parametri storici. In Olanda non esiste un solo islam, come non esiste una sola tipologia di marocchini. Da quello che si sente negli ultimi tempi sembra che i marocchini formino un fronte compatto. Non c'è niente di più falso: metti insieme cinque marocchini e nel giro di dieci minuti escono fuori sei opinioni diverse. Ma gli olandesi non se ne accorgono. Com'è possibile? Pura ignoranza, da entrambe le parti. Adesso ho scoperto che l'Olanda è una paese pieno di società separate. Per educazione e signorilità le minoranze vengono lasciate in pace, se la devono vedere all'interno del proprio gruppo. E gli olandesi sperano in silenzio che ogni gruppo riesca effettivamente a risolvere i propri problemi dall'interno."
[ Abdelkader Benali]
La necessità di tolleranza sottende, senza dubbio, l'esistenza di identità diverse, si parli di individui, di gruppi sociali, etinici, di nazioni. Si tollera chi è diverso. Che nessuno sia uguale a nessun altro è evidente.
La domanda a cui sto cercando di dare una risposta è: perchè gli individui tendono ad identificarsi in gruppi sempre più estesi?
Penso che il desiderio di appartenenza accomuni la maggior parte (se non la totalità) degli esseri viventi. Badate, parlo di esseri viventi in senso ampio. Appartenere ad un gruppo è una garanzia di sopravvivenza. Dà sicurezza e rende coraggiosi.
Appartenere ad un gruppo, d'altra parte, significa condividere idee comuni. Più individui si uniscono quando riescono a comunicare, cioè a mettere in comune valori fondamentali per il loro modo di vedere il mondo.
Quando si costituisce un gruppo le idee che, fino ad un momneto prima, appartenevano ai singoli, perdono il valore relativo e divengono un po' pià assolute; tanto più assolute quanto più ampio è il gruppo che viene a crearsi.
Un aspetto che passa sempre un po' inosservato in merito a questo processo di identificazione è relativo al compromesso. Appartenere ad un gruppo non significa annullare la propria identità individuale. Cerco di spiegarmi. Io sono cristiana cattolica. Questo non significa che io concordi completamente e totalmente con tutti i comportamenti dei rappresentanti della religione cattolica. Anche perchè essi sono uomini e, in quanto tali, fallibili. Nessuno, su questa terra, possiede la verità assoluta, quella che rende davvero liberi. A volte i miei pareri cozzano con i dogmi della religione a cui aderisco. In certi casi riconosco di poter rinunciare ai miei punti di vista per aderire a valori più grandi ed importanti. In altre occasioni, rimango fedele ai miei vaolri individuali, nonostante si distacchino da quelli del mio gruppo di appartenenza (per esempio voto il centrodestra, il che non è così popolare tra i cattolici).
Non è incoerenza, ma compromesso.
Quando si appartiene ad un gruppo si rinuncia solo in parte ad una visione totalmente relativa della realtà per assumere una prospettiva comune. Non solo per sentirsi protetti, ma soprattutto perchè il confronto con persone che, partendo da presupposti condivisi, hanno opinioni diverse, è l'unico modo per progredire (forse è per questo che amo oltremodo il dialogo). Per appartenere ad un gruppo è necessario compromettersi. Compromesso è una parola stupenda. Etimologicamente dovrebbe essere resa come: "mettere davanti insieme" (la traduzione non è mai troppo efficace). Chi si compromette pone ciò che ci accomuna prima di ciò che ci oppone. Senza, però, escludere quest'ultimo aspetto. Se ci deve essere compromesso per appartenere ad un gruppo, ci deve essere ugualmente quando più gruppi si trovano a dover coesistere fianco a fianco.
E', allora, evidente come il relativismo culturale sia utopistico. Esso non è base della tolleranza, ma dell'indifferenza. Esso non si traduce in interesse verso la diversità dell'altro, ma in menefreghismo. E questo non può che essere fonte di ignoranza e pregiudizio. Che, di conseguenza, sfocia in intolleranza, violenza e repressione non appena una delle due fazioni tenta di prevaricare sull'altra.
Come si può evitare tutto questo?
Innanzitutto evitando di identificare in toto i singoli con i loro gruppi di appartenenza.
Secondo, amando la propria identità, tanto individuale, quanto culturale, etnica o religiosa. Terzo, amando l'identità altrui.
Quarto, praticando il compromesso.
Il caso olandese è emblematico. Un paese che si credeva tollerante per il semplice fatto di accettare tutto ed il contrario di tutto, scopre che alcune idee sono inammissibili ed inaccettabili. In una paese in cui l'eutanasia è autorizzata da leggi statali, si realizza di non essersi mai interrogati a fondo sul valore della vita umana. L'Olanda è una paese che ha ignorato la propria identità. O, meglio, che ha assunto come cardine l'assenza di identità.
E' un illusione. Ogni individuo è tale perchè diverso da ciò che lo circonda (è un'idea cara alla biologia, che vede nella membrana cellulare la prima forma di individualità).
Negare l'evidenza può essere molto dannoso, anche se siamo portati a farlo. Perchè evitare lo scontro può sembrare molto vantaggioso. Ma è una situazione provvisoria ed effimera. lo scontro è inevitabile e, per questo, va dilazionato il più possibile.
Anche se compromesso è una parola fastidiosa, perchè rinunciare un po' a noi stessi è scomodo. Più facile a dirsi che a farsi.
La domanda a cui sto cercando di dare una risposta è: perchè gli individui tendono ad identificarsi in gruppi sempre più estesi?
Penso che il desiderio di appartenenza accomuni la maggior parte (se non la totalità) degli esseri viventi. Badate, parlo di esseri viventi in senso ampio. Appartenere ad un gruppo è una garanzia di sopravvivenza. Dà sicurezza e rende coraggiosi.
Appartenere ad un gruppo, d'altra parte, significa condividere idee comuni. Più individui si uniscono quando riescono a comunicare, cioè a mettere in comune valori fondamentali per il loro modo di vedere il mondo.
Quando si costituisce un gruppo le idee che, fino ad un momneto prima, appartenevano ai singoli, perdono il valore relativo e divengono un po' pià assolute; tanto più assolute quanto più ampio è il gruppo che viene a crearsi.
Un aspetto che passa sempre un po' inosservato in merito a questo processo di identificazione è relativo al compromesso. Appartenere ad un gruppo non significa annullare la propria identità individuale. Cerco di spiegarmi. Io sono cristiana cattolica. Questo non significa che io concordi completamente e totalmente con tutti i comportamenti dei rappresentanti della religione cattolica. Anche perchè essi sono uomini e, in quanto tali, fallibili. Nessuno, su questa terra, possiede la verità assoluta, quella che rende davvero liberi. A volte i miei pareri cozzano con i dogmi della religione a cui aderisco. In certi casi riconosco di poter rinunciare ai miei punti di vista per aderire a valori più grandi ed importanti. In altre occasioni, rimango fedele ai miei vaolri individuali, nonostante si distacchino da quelli del mio gruppo di appartenenza (per esempio voto il centrodestra, il che non è così popolare tra i cattolici).
Non è incoerenza, ma compromesso.
Quando si appartiene ad un gruppo si rinuncia solo in parte ad una visione totalmente relativa della realtà per assumere una prospettiva comune. Non solo per sentirsi protetti, ma soprattutto perchè il confronto con persone che, partendo da presupposti condivisi, hanno opinioni diverse, è l'unico modo per progredire (forse è per questo che amo oltremodo il dialogo). Per appartenere ad un gruppo è necessario compromettersi. Compromesso è una parola stupenda. Etimologicamente dovrebbe essere resa come: "mettere davanti insieme" (la traduzione non è mai troppo efficace). Chi si compromette pone ciò che ci accomuna prima di ciò che ci oppone. Senza, però, escludere quest'ultimo aspetto. Se ci deve essere compromesso per appartenere ad un gruppo, ci deve essere ugualmente quando più gruppi si trovano a dover coesistere fianco a fianco.
E', allora, evidente come il relativismo culturale sia utopistico. Esso non è base della tolleranza, ma dell'indifferenza. Esso non si traduce in interesse verso la diversità dell'altro, ma in menefreghismo. E questo non può che essere fonte di ignoranza e pregiudizio. Che, di conseguenza, sfocia in intolleranza, violenza e repressione non appena una delle due fazioni tenta di prevaricare sull'altra.
Come si può evitare tutto questo?
Innanzitutto evitando di identificare in toto i singoli con i loro gruppi di appartenenza.
Secondo, amando la propria identità, tanto individuale, quanto culturale, etnica o religiosa. Terzo, amando l'identità altrui.
Quarto, praticando il compromesso.
Il caso olandese è emblematico. Un paese che si credeva tollerante per il semplice fatto di accettare tutto ed il contrario di tutto, scopre che alcune idee sono inammissibili ed inaccettabili. In una paese in cui l'eutanasia è autorizzata da leggi statali, si realizza di non essersi mai interrogati a fondo sul valore della vita umana. L'Olanda è una paese che ha ignorato la propria identità. O, meglio, che ha assunto come cardine l'assenza di identità.
E' un illusione. Ogni individuo è tale perchè diverso da ciò che lo circonda (è un'idea cara alla biologia, che vede nella membrana cellulare la prima forma di individualità).
Negare l'evidenza può essere molto dannoso, anche se siamo portati a farlo. Perchè evitare lo scontro può sembrare molto vantaggioso. Ma è una situazione provvisoria ed effimera. lo scontro è inevitabile e, per questo, va dilazionato il più possibile.
Anche se compromesso è una parola fastidiosa, perchè rinunciare un po' a noi stessi è scomodo. Più facile a dirsi che a farsi.
1 Comments:
E' un discorso davvero ampio. Tolleranza è compromesso. Tolleranza dovrebbe rappresentare, dal punto di vista sociologico, qualcosa, che tu hai delineato, di più attivo rispetto ad accetazione e rispetto. In realtà così non è. Non mi pare che ci si mobiliti molto, nei fatti, per rendere attiva la tolleranza.
La tolleranza nasconde, però, la volontà di cancellare le diversità e le differenze, ma perchè annullare la propria individualità? Perchè molto spesso basiamo, e ci convinciamo erroneamente delle nostre differenze, sul pregiudizio i nostri commenti e i giudizi sull'altro. Allora la tolleranza prende un'accezione negativa. E i pregiudizi nascono intergruppo, dal punto di vista sociologico, e hanno un background negativo. Allora la tolleranza, il compromesso, sono negativi? Negano la nostra individualità ed indipendenza?
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