Lezioni di democrazia
Ho appena letto l'articolo di Steven Vincent, il giornalista del New York Times ucciso recentemente in Iraq.
E a questo punto non posso fare a meno di pormi una domanda: si può tentare di rendere un popolo politicamente indipendente senza liberarlo dalle schiavitù ideologiche?
Se le istituzioni sono lo specchio dei valori di una società, come siamo abituati a considerarle in Occidente, la risposta non può essere che negativa.
E' un fatto evidente in ogni rivoluzione occorsa nella storia: al sentimento comune, alla volontà di cambiare segue un mutamento delle forme politiche di governo. Dalle monarchie assolutistiche a quelle illuminate, dagli stati nazionali a quelli federali, e così via...
C'è allora da chiedersi se, una volta tanto, sia possibile uscire dagli schemi canonici. Perchè è evidente che il potere religioso che oggi è così forte in paesi come l'Iraq (ma non solo), sia inconciliabile con forme di governo democratiche come quelle dei paesi in cui viviamo.
E non credo, francamente, che sia neppure ipotizzabile una perdita di credibilità delle autorità religiose del mondo arabo, tale da permettere una "rivoluzione dal basso".
Soprattutto se pensiamo che l'influenza, l'autorità che essi esercitano viene percepita come un'investitura dall'alto, che, a maggior ragione, legittima la concentrazione del potere politico-religioso, ma anche della ricchezza e, di conseguenza, del controllo economico, nelle mani di una ristretta oligarchia.
Non credo ci sia la consapevolezza, la forza politica ed ideologica per una rivoluzione. Ed, in ogni caso, non penso esista, attualmente, un'alternativa, un'entità politica altrettanto forte che possa sostituirsi a quella esistente.
Non esiste nessun Imperatore che possa sostituirsi al Papa, per dirla metaforicamente.
Un'alternativa plausibile, dunque, potrebbe essere una "rivoluzione dall'alto", imposta dall'esterno. E molti credono che questo sia il ruolo delle truppe straniere che, attualmente, sono impegnate sui territori.
Ma non sono sicura che le cose stiano proprio così. E, a quanto pare, non lo pensava neppure Vincent.
Forse l'errore più grave lo stiamo commettendo noi occidentali, perchè siamo convinti che libertà e democrazia siano valori che non possono essere imposti. E a questo contribuisce anche lo strapotere dell'opinione pubblica, pronta a misitficare come colonialismo ed imperialismo ogni atto che paia "forzare" un cambiamento vero, radiacale e, ovviamente, doloroso e sofferto in altre parti del mondo.
Abbiamo, in un certo senso, paura di imporre con troppa forza ciò in cui crediamo.
Ma, allora, spiegatemi perchè dovremmo tollerare che altri, come i religiosi Shiiti, siano, in un certo senso, giustificati quando impongono con il terrore e con la violenza ciò che sono loro.
Noi occidentali abbiamo spesso troppa paura di ciò che siamo. Di farci vedere come un'alternativa forte, integra, coerente. E ci pieghiamo ai compromessi, alla mediocrià, al buonismo. "Creiamo delle istituzioni e poi si arrangino", sembra il motto più diffuso (non in questi termini brutali, ovviamente); per non usurpare un ruolo che spetta ad altri.
Io credo, al contrario, che sia inutile dare degli strumenti in mano a chi non li sa usare. Anzi, è proprio controproducente, perchè verranno impiegati da chi aspetta solo di riuscire a conquistare più potere e più consensi.
Dobbiamo capire che, nonostante tutto, democrazia e libertà sono desideri profondi dell'uomo che sa guardarsi dentro, che vede alternative possibili intorno a sè.
LOTTA PER LA LIBERTA' CHI SI ACCORGE DI AVERLA PERSA, NON CHI NON L'HA MAI SPERIMENTATA.
Non possiamo dimenticarlo.
NOTA: se accedete dal link all'articolo che ho inserito vi viene richiesta la registrazione. Se volete leggere l'articolo senza tutta questa menata, cercate tranquillamente su Google.
E a questo punto non posso fare a meno di pormi una domanda: si può tentare di rendere un popolo politicamente indipendente senza liberarlo dalle schiavitù ideologiche?
Se le istituzioni sono lo specchio dei valori di una società, come siamo abituati a considerarle in Occidente, la risposta non può essere che negativa.
E' un fatto evidente in ogni rivoluzione occorsa nella storia: al sentimento comune, alla volontà di cambiare segue un mutamento delle forme politiche di governo. Dalle monarchie assolutistiche a quelle illuminate, dagli stati nazionali a quelli federali, e così via...
C'è allora da chiedersi se, una volta tanto, sia possibile uscire dagli schemi canonici. Perchè è evidente che il potere religioso che oggi è così forte in paesi come l'Iraq (ma non solo), sia inconciliabile con forme di governo democratiche come quelle dei paesi in cui viviamo.
E non credo, francamente, che sia neppure ipotizzabile una perdita di credibilità delle autorità religiose del mondo arabo, tale da permettere una "rivoluzione dal basso".
Soprattutto se pensiamo che l'influenza, l'autorità che essi esercitano viene percepita come un'investitura dall'alto, che, a maggior ragione, legittima la concentrazione del potere politico-religioso, ma anche della ricchezza e, di conseguenza, del controllo economico, nelle mani di una ristretta oligarchia.
Non credo ci sia la consapevolezza, la forza politica ed ideologica per una rivoluzione. Ed, in ogni caso, non penso esista, attualmente, un'alternativa, un'entità politica altrettanto forte che possa sostituirsi a quella esistente.
Non esiste nessun Imperatore che possa sostituirsi al Papa, per dirla metaforicamente.
Un'alternativa plausibile, dunque, potrebbe essere una "rivoluzione dall'alto", imposta dall'esterno. E molti credono che questo sia il ruolo delle truppe straniere che, attualmente, sono impegnate sui territori.
Ma non sono sicura che le cose stiano proprio così. E, a quanto pare, non lo pensava neppure Vincent.
Forse l'errore più grave lo stiamo commettendo noi occidentali, perchè siamo convinti che libertà e democrazia siano valori che non possono essere imposti. E a questo contribuisce anche lo strapotere dell'opinione pubblica, pronta a misitficare come colonialismo ed imperialismo ogni atto che paia "forzare" un cambiamento vero, radiacale e, ovviamente, doloroso e sofferto in altre parti del mondo.
Abbiamo, in un certo senso, paura di imporre con troppa forza ciò in cui crediamo.
Ma, allora, spiegatemi perchè dovremmo tollerare che altri, come i religiosi Shiiti, siano, in un certo senso, giustificati quando impongono con il terrore e con la violenza ciò che sono loro.
Noi occidentali abbiamo spesso troppa paura di ciò che siamo. Di farci vedere come un'alternativa forte, integra, coerente. E ci pieghiamo ai compromessi, alla mediocrià, al buonismo. "Creiamo delle istituzioni e poi si arrangino", sembra il motto più diffuso (non in questi termini brutali, ovviamente); per non usurpare un ruolo che spetta ad altri.
Io credo, al contrario, che sia inutile dare degli strumenti in mano a chi non li sa usare. Anzi, è proprio controproducente, perchè verranno impiegati da chi aspetta solo di riuscire a conquistare più potere e più consensi.
Dobbiamo capire che, nonostante tutto, democrazia e libertà sono desideri profondi dell'uomo che sa guardarsi dentro, che vede alternative possibili intorno a sè.
LOTTA PER LA LIBERTA' CHI SI ACCORGE DI AVERLA PERSA, NON CHI NON L'HA MAI SPERIMENTATA.
Non possiamo dimenticarlo.
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