Economia di mercato II
Questo post è conseguenza del precedente, che porta lo stesso titolo, e del relativo commento di Giacomo.
Non ho intenzione di "chiosare" punto per punto quello che lui ha scritto, perchè finirei per essere faziosa: ognuno tende a leggere ciò che fa comodo, ad usarlo per i propri scopi e si finisce per diventare davvero meschini.
Però il suo commento mi è servito come spunto, per dare una forma decorosa a molte idee, che ho celato dietro un post scritto con leggerezza e superficilità volute, forse eccessive, e che ora devono essere espresse chiaramente. Spero di riuscire a farlo qui, in questo blog, d'ora in avanti.
Partiamo da una considerazione.
Per quanto non ci piaccia, ci faccia sentire insicuri, ci irriti, per quanto tentiamo di affermare il contrario, non viviamo in un mondo perfetto. Forse, per fortuna, perchè nessun uomo è perfetto. Almeno nella vita reale.
Al massimo possiamo elaborare idee e sistemi che, nella nostra mente, nella mente di molti, possono apprire tali. Ma appena tentiamo di concretizzarli cominciano a stridere. E se non stiamo attenti, se perseveriamo, tappandoci le orecchie, le nostre idee perfette diventano delle perfette sciagure.
E' la storia di ogni totalitarismo, di ogni dittatura e forma di intolleranza.
Ma c'è, secondo me, un errore ancora più grave, che commettiamo, di solito, quando ci accorgiamo di quanto ho appena detto.
La definirei "personificazione dell'idea".
Spesso tendiamo ad agire, perchè fa comodo, come se i massimi sistemi avessero una vita propria.
E, allora, addosso al "comunismo", al "nazismo", all' "ismo" in generale...
Perchè è facile avere un capro espiatorio. si può almeno pensare che, se si riuscisse ad eliminare quello, le cose andrebbero meglio. Salvo che, di solito, alla caduta di ogni massimo sistema, le cose vanno peggio: bisogna pensare, lavorare, soffrire di più per ricostruire che per demolire.
E' ormai chiaro. il "capitalismo" non è il sistema economico perfetto che voleva essere. Possiamo discutere all'infinito, scrivere pagine su pagine, arrabbiarci e deprimerci e...restare immobili nell'attesa che le cose cambino.
Oppure possiamo muoverci ed agire. per quanto siamo costretti a farlo in una realtà che non va come vorremmo, che non ci piace, che ci disgusta un po'. In una condizione che ci sembra mediocre, che ci spinge a stare fermi, piuttosto che muoverci e sporcarci le mani.
E' vero, sarebbe bello che le cose cambiassero dall'altro, dove gli errori sono più dolorosi ed evidenti, le incongruenze più insopportabili.
Ma, putroppo, io non ho la possibilità di agire a certi livelli, non ho voce in capitolo, anche se desidererei. Ma non posso stare ferma a guardare.
E, allora, tutto sommato, preferisco vivere in una società in cui posso vedere le contraddizioni in un sistema e tentare di sanarle nella quotidianità, per quanto parzialmente...
Preferisco vivere in una società in cui poter scegliere, anche, semplicemente, banalmente, tra chi mi offre lo stesso servizio a prezzi diversi.
Preferisco vivere in un sistema in cui se ti sbatti di più ottieni di più, se la tua idea è migliore di un'altra ha la possibilità di venire riconosciuta ed apprezzata. In una società in cui sono le idee a fare i soldi e non viceversa.
E non parlo in astratto. E' quello che vedo ogni giorno, per fortuna, nell'Università dove studio, nel laboratorio dove trascorro qualche settimana, nell'Ospedale dove spero di lavorare.
Il più grosso errore che posso commettere è piegarmi all'idea comune (che è, tra l'altro, ciò che sta facendo morire il capitalismo) che il denaro sia un fine e non un mezzo.
Il profitto, il cardine del capitalismo, non è una cosa negativa in assoluto. E' onesto ammetterlo.
Che il profitto divenga un fine a sè stante, non un punto di partenza, questo è male.
Ma che il denaro ritorni ad essere un mezzo e non un fine, dipende, nella concretrezza del mio quotidiano, solo ed esclusivamente da me.
Non ho intenzione di "chiosare" punto per punto quello che lui ha scritto, perchè finirei per essere faziosa: ognuno tende a leggere ciò che fa comodo, ad usarlo per i propri scopi e si finisce per diventare davvero meschini.
Però il suo commento mi è servito come spunto, per dare una forma decorosa a molte idee, che ho celato dietro un post scritto con leggerezza e superficilità volute, forse eccessive, e che ora devono essere espresse chiaramente. Spero di riuscire a farlo qui, in questo blog, d'ora in avanti.
Partiamo da una considerazione.
Per quanto non ci piaccia, ci faccia sentire insicuri, ci irriti, per quanto tentiamo di affermare il contrario, non viviamo in un mondo perfetto. Forse, per fortuna, perchè nessun uomo è perfetto. Almeno nella vita reale.
Al massimo possiamo elaborare idee e sistemi che, nella nostra mente, nella mente di molti, possono apprire tali. Ma appena tentiamo di concretizzarli cominciano a stridere. E se non stiamo attenti, se perseveriamo, tappandoci le orecchie, le nostre idee perfette diventano delle perfette sciagure.
E' la storia di ogni totalitarismo, di ogni dittatura e forma di intolleranza.
Ma c'è, secondo me, un errore ancora più grave, che commettiamo, di solito, quando ci accorgiamo di quanto ho appena detto.
La definirei "personificazione dell'idea".
Spesso tendiamo ad agire, perchè fa comodo, come se i massimi sistemi avessero una vita propria.
E, allora, addosso al "comunismo", al "nazismo", all' "ismo" in generale...
Perchè è facile avere un capro espiatorio. si può almeno pensare che, se si riuscisse ad eliminare quello, le cose andrebbero meglio. Salvo che, di solito, alla caduta di ogni massimo sistema, le cose vanno peggio: bisogna pensare, lavorare, soffrire di più per ricostruire che per demolire.
E' ormai chiaro. il "capitalismo" non è il sistema economico perfetto che voleva essere. Possiamo discutere all'infinito, scrivere pagine su pagine, arrabbiarci e deprimerci e...restare immobili nell'attesa che le cose cambino.
Oppure possiamo muoverci ed agire. per quanto siamo costretti a farlo in una realtà che non va come vorremmo, che non ci piace, che ci disgusta un po'. In una condizione che ci sembra mediocre, che ci spinge a stare fermi, piuttosto che muoverci e sporcarci le mani.
E' vero, sarebbe bello che le cose cambiassero dall'altro, dove gli errori sono più dolorosi ed evidenti, le incongruenze più insopportabili.
Ma, putroppo, io non ho la possibilità di agire a certi livelli, non ho voce in capitolo, anche se desidererei. Ma non posso stare ferma a guardare.
E, allora, tutto sommato, preferisco vivere in una società in cui posso vedere le contraddizioni in un sistema e tentare di sanarle nella quotidianità, per quanto parzialmente...
Preferisco vivere in una società in cui poter scegliere, anche, semplicemente, banalmente, tra chi mi offre lo stesso servizio a prezzi diversi.
Preferisco vivere in un sistema in cui se ti sbatti di più ottieni di più, se la tua idea è migliore di un'altra ha la possibilità di venire riconosciuta ed apprezzata. In una società in cui sono le idee a fare i soldi e non viceversa.
E non parlo in astratto. E' quello che vedo ogni giorno, per fortuna, nell'Università dove studio, nel laboratorio dove trascorro qualche settimana, nell'Ospedale dove spero di lavorare.
Il più grosso errore che posso commettere è piegarmi all'idea comune (che è, tra l'altro, ciò che sta facendo morire il capitalismo) che il denaro sia un fine e non un mezzo.
Il profitto, il cardine del capitalismo, non è una cosa negativa in assoluto. E' onesto ammetterlo.
Che il profitto divenga un fine a sè stante, non un punto di partenza, questo è male.
Ma che il denaro ritorni ad essere un mezzo e non un fine, dipende, nella concretrezza del mio quotidiano, solo ed esclusivamente da me.
5 Comments:
Hai presente la puntata dei Simpson in cui Lisa sogna di essere il presidente degli USA? Ecco, sei uguale. Il discorso però,mi pare stile Piera Bassotto....(prendi tutto con ironia!!!!)
Mi piacerebbe che rispondesse Giacomo (anche perche' la registrazione e' proprio banale!)... io leggo e sorrido. (Perche' sono sorridente, non per quello che leggo, sia ben chiaro)
Registrazione effettuata, anche se un po' controvoglia. Mi fa piacere tornare a intervenire (quando smetto di studiare per martedì prossimo), magari con ulteriori punti di vista di altri partecipanti la discussione sarebbe ancora più ricca, ma ovviamente potremmo pure chiudere qui la cosa. Eravamo partiti da concorrenza e libero mercato, ora i temi si moltiplicano, com'è naturale. Accolgo la critica indiretta che mi hai posto, con ragione direi, di aver usato un metodo piuttosto meschino nel risponderti, ma ho scelto coscientemente quel tono da una parte perchè ero oggettivamente abbastanza infastidito da quel post (niente di terribile, sia chiaro!), dall'altra per osservare la tua reazione (non volermene male, di nuovo è con rispetto e trasparenza) di fronte a quel tipo di confronto; come mi aspettavo eccomi di fronte al tuo ragionamento equilibrato e razionale, che a leggersi da una certa soddisfazione. Per rimanere nel simpatico e azzeccato paragone dell'amica Marta, più o meno la soddisfazione che dà la puntata dei Simpson con Lisa presidente: quel senso di tranquillità di fronte al fatto che, pur nella estrema complessità, alla fine tutti i conti tornano. Posso provare invece a imbrogliarli ancora un po', almeno finchè mi appaia coerente con ciò che penso? Allora proverei a rispondere al tuo discorso su tre punti schematici, partendo dall'astratto per arrivare al concreto, dalle idee all'agire quotidiano; del resto, così facendo mi riporto su quello che è stato, mi pare, il filo logico del tuo discorso.
1. Non sono d'accordo sulla tua premessa, o meglio: posso essere d'accordo sul ragionamento in sè, ma non sul fatto che sia consequenziale a quanto avevo scritto nel mio intervento; ho tirato in causa un termine "pericoloso" (a livello di argomentazioni) come capitalismo, è vero, forse avrei fatto meglio a parlare di capitalismi, ovvero delle più svariate forme in cui l'idea capitalismo si concretizza nella realtà; la mia non era una "personificazione dell'idea" (scusami se ti cito, ma vorrei chiarire) per trovare un facile capro espiatorio, intendevo riferirmi a ciò che realmente, oggettivamente sta avvenendo oggi nel mondo dell'economia, nella sua fisiologia: pur non ritenendomi di certo un esperto in materia economica, credo che basti informarsi un po' trasversalmente su alcune questioni finanziarie (lasciando pure da parte i disastri conclamati) per capire come il sistema economico di cui siamo costretti a far parte sia corrotto e corroso fino al midollo; mi chiedo, sinceramente, quanto ancora si potrà procedere su questa strada, con l'assoluta mancanza di coscienza tra l'altro, senza che qualcosa, chissà cosa, di veramente imponente stravolga tutto ciò che oggi ci appare normale; esagerato, forse, non lo so, ma questo è un mio timore, e la mia analisi cerca di fuggire quanto più possibile il moralismo e l'ideologia per mantenersi su un piano scientifico, razionale, di evidenza dei fatti.
In secondo luogo, non credo nemmeno che di fronte ad un'alternativa, possibile o remota, a questo nostro sistema, si debba necessariamente incappare in una forma di totalitarismo: la storia ci ha insegnato che è uno sbocco possibile e sicuramente a cui opporsi con i mezzi che, tra le altre cose, oggi appartengono, o dovrebbero appartenere, alla nostra cultura politica e sociale; del resto, non vedo perchè non si possa realizzare una forma diversa di organizzazione di un mondo di certo non perfetto, ma quantomeno migliorabile, mi auspico.
Tutto ciò, come premesso, sul piano un po' fluttuante delle idee, e forse anche delle speranze mal riposte.
2. Scendiamo un po', un appunto anche su un'altra tua considerazione: posto che possiamo discutere finchè vogliamo ma a quanto pare ci dobbiamo tenere le cose come stanno ancora per un po', sono d'accordo con te che sia meglio agire che farsi scivolare la vita addosso (anche perchè, alla fin fine, ritengo che questa sia l'unica possibilità che ci sia data, senza seconde chance; ma questo è un altro discorso); diciamo che mi sento di dissentire per quattro quinti (mi si passi l'immagine poco curata) sul fatto che, quantomeno, capitalismo (di nuovo lui, sono deviato ormai) e meritocrazia vadano a braccetto; sono sinceramente contento che nella tua esperienza personale le cose stiano messe così, mi gratifica sapere che da qualche parte succeda e, in questo caso, si riceve effettivamente parecchia soddisfazione; purtroppo, però, penso anche che la meritocrazia sia solo un abito bello per vestire una gran brutta persona, proposto come il valore aggiunto di un sistema che si incardina invece sulla sostanziale, anche qui fisiologica, disuguaglianza delle parti (non tanto sul profitto, è vero, non negativo in assoluto); non c'è altro da fare, non che succeda per la cattiveria, la disonestà delle persone, ma semplicemente perchè è un fatto connaturato al sistema (mi scuso se appaio troppo evanescente e spero di non apparire nemmeno troppo marxista, non mi ritengo tale ma certo alcuni spunti sono imprescindibili); succede spesso che le idee possano fare i soldi, ma molto più spesso è la base di partenza a contare di più, così come i mezzi spietati da dover usare lungo quel cammino per non essere gettati fuori dalla competizione come carta straccia, con buona pace delle ottime idee; lo ripeto, quell'un quinto di positivo e soddisfacente ce lo vedo, ma purtroppo non di più.
3. Siamo così arrivati al vivere quotidiano, dove, finalmente mi dirai, la smetto di rompere le palle ti do piena ragione: dipende solo da noi che il denaro (lasciato da parte il monumento di idee che sta dietro alla sua natura, e che quando si va al bar non si può certo considerare) sia un mezzo e non un fine, ridurlo appunto alla mera utilità di scambio che possiede. In fin dei conti, tutti i giorni forse ci comportiamo molto più similmente di quanto si possa pensare (perlomeno rispetto all'uso del denaro!).
A presto, buona continuazione!
I "contro" di un usare un blog, quando si affrontano temi ampi ed articolati come quello economico, sono forse più dei "pro".
Si finisce sempre per fraintedersi, non si può chiedere spiegazioni "in diretta", si perdono le tonalità, gli accenti, che, a mio parere, quando si discute, contano davvero tanto.
E' successo anche questa volta, quindi sento il bisogno di scusarmi per i malintesi.
1. Non ho pensato davvero che tu abbia usato un modo meschino per intavolare l'argomento. Quella è stata una semplice considerazione che prescinde dal tuo commento. Spesso le polemiche che si aprono, a tutti i livelli, sono ingiustificate. E' un rischio che corro io stessa e la mia considerazione era un monito per me, per non rischiare di incappare in questo errore rispondendoti. Non voleva certo essere una critica a te.
2. Hai ragione, il mio discorso non è consequenziale al tuo. Era chiaro nella mia testa, ma non mi sono spiegata. Il tuo commento è stato uno spunto per mettere ordine nella mia testa, tra idee che da molto tempo lo richiedevano.
Metaforicamente direi "la molla che ha fatto scattare...".
D'altra parte è bello avere uno spazio in cui esprimere e scambiare opinioni, quindi continuerò, tra l'altro, a scrivere di capitalismo ed economia.
Si accettano tutti i commenti e tutte le posizioni, ma non per aprire delle diatribe senza fine. Piuttosto per dare degli spunti di riflessione e chiarirsi le idee, considerando il maggior numero di punti di vista possibili.
Grazie dell'apporto, Giacomo.
È stato un piacere! In ogni caso la critica era coerente, anche se me la sono attribuita con fraintendimento (e senza la sicurezza che fosse rivolta a me): se l'ho fatto è perchè potevo condividerla, in caso contrario avrei invece "glissato", forse...
Beh ancora buona continuazione per tutto, magari ci si risentirà!
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