Limiti e progresso
" Anche se non li condividiamo, i problemi etici sono come ogni altra obiezione, non necessariamente morale, suscitata dal nostro lavoro: ci fanno un gran bene, a noi ricercatori. Ci spronano a esplorare alternative che altrimenti non ci sarebbero venute in mente o che avremmo scartato a priori come perdite di tempo, visto che c'erano altre soluzioni a portata di mano."
[A.L. Vescovi, La cura che viene da dentro, Mondadori]
Leggendo questa notizia, gli do ancora più ragione.
Brevemente, per quanto sia giusto essere sintetici in questi casi, la questione è questa. La legge 40 impedisce l'analisi preimpianto degli embrioni (ovuli fecondati), cioè impedice l'impianto selettivo di quelli più "adatti" dal punto di vista del corredo genetico. Ergo non consente di scegliere chi è meglio far nascere e chi no.
Il limite di questa legge, ovviamente, è che, per i portatori di malattie genetiche, avere un figlio che, in percentuale più o meno alta, può essere affetto dallo stesso male, equivale a firmare una potenziale condanna alla sofferenza del nascituro.
Quello che la legge non vieta, invece, è l'analisi degli ovuli non fecondati. O, meglio, dei globuli polari, che, in un certo senso, sono materiale di "scarto" espulso durante il processo di maturazione degli ovuli. I globuli polari contengono una copia del materiale genetico identica a quella del gamete che sta maturando. Come una specie di negativo fotografico.
Qualcuno potrebbe chiedersi dove stia la differenza.
Non è un problema di tempistica, una sottigliezza burocratica come potrebbe apparire.
La differenza è sostanziale.
A mio parere, esiste una diversità paragonabile a quella che intercorre tra l'uso dei contraccettivi e la necessità di abortire.
E a me non sembra una pura formalità.
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